Due chiacchiere col Professor Paolo Torriti, Direttore del Master in Storia, Design e Marketing del Gioiello all’Università di Siena

Cos’è un gioiello, e perché è importante riscoprirne le tradizioni per pensare al futuro dell’arte orafa? Queste sono alcune delle domande centrali per la pratica orafa. Ecco perché abbiamo deciso di fare due chiacchiere con il Professor Paolo Torriti, Direttore del Master in Storia, Design e Marketing del Gioiello all’Università di Siena.

Di seguito l’intervista completa.

Come è nata l’idea di creare un Master del gioiello e cosa vuole insegnare?

L’idea è nata per una richiesta avuta 10 anni fa nel 2012 da parte di quelli che oggi sono gli enti che promuovono il Master, ovvero la Camera di Commercio, Confindustria e il distretto orafo aretino, di creare un percorso di alta formazione che rispondesse all’esigenza di questo settore.

Ho quindi pensato a un master che prendesse in considerazione tutto il percorso del gioiello, dal disegno al prodotto e dal prodotto al mercato

I moduli formativi del master variano dalla storia del gioiello al management e marketing alle tecniche orafe perché qualsiasi persona che si approccia a questo mondo e che vuole trovare lavoro nel campo, anche nel settore marketing, deve comunque conoscere le tecniche con cui vengono oggi prodotti i gioielli. Si passa poi alla storia e al design del gioiello, sviluppato sia da un punto di vista teorico ma soprattutto da quello pratico, con intere giornate dedicate alla progettazione tecnica del disegno. Al termine di queste 200 ore di moduli didattici, di cui la metà sono laboratori, gli studenti iniziano poi un percorso di stage.

Quali sono le aspirazioni professionali dei candidati al master?

Questo è un master professionalizzante, quindi funzionale al trovare lavoro. Finora, in questi dieci anni, è riuscito nel suo obiettivo e anche quest’anno il tasso di impiego degli allievi e delle allieve nel settore è del 75%.

Abbiamo studenti provenienti, per esempio, dalle facoltà di Economia che scelgono questo master non tanto per diventare designer ma per prendere la strada del marketing del gioiello.

Al termine della didattica formativa, lo stage può essere realizzato in enti diversi, non solo in aziende orafe ma anche in laboratori artigianali a seconda delle caratteristiche e dei desideri dell’allievo che emergono durante il corso. 

Nella storia del master diversi allievi, al termine degli studi, hanno creato delle startup o hanno aperto dei propri laboratori o aziende.

Parlando del mercato del lavoro, quali sono le professioni più richieste al momento?

C’è stato, ed ancora in atto, un enorme mutamento all’interno delle aziende che ha fatto sorgere la necessità di reperire risorse capaci da una parte di innalzare la qualità della produzione ma anche di saperla poi promuovere. Uno dei settori all’interno delle aziende aretine che in questi ultimi anni si è sviluppato di più è proprio quello dell’ufficio marketing.

Attualmente una richiesta forte dal settore è quella di giovani e bravi designer: le aziende hanno bisogno di alta formazione, riferita sia al design ma anche al management. Oltre, naturalmente, a personale qualificato da impiegare nell’uso di macchine specifiche come quelle a calcolo numerico o quelle per la prototipazione.

“La prima domanda che faccio
alle allieve e agli allievi del master
è che cos’è per loro un gioiello.
Perché non esiste una sola definizione.”

In un contesto in cui si presta più attenzione al design di un gioiello, alla forma più che alla sostanza, cosa spinge secondo lei i giovani a ripartire dalle tradizioni e a intraprendere un percorso per tenere in vita questa eccellenza?

Le due cose secondo me non sono assolutamente opposte e contrastanti. Sicuramente i giovani di oggi non comprano oggetti in oro, preferiscono altri materiali se hanno una forma che piace. Però questo non vuol dire fare a meno della tradizione. Si può produrre anche un gioiello in plastica, vetro, ceramica o legno ma basandosi sempre sulla tradizione. 

La prima domanda che faccio ai ragazzi alla prima lezione del master è che cos’è un gioiello per loro.

La definizione più diffusa tra i grandi produttori è che un gioiello è un prodotto realizzato con materiali preziosi e pietre preziose. Ma un gioiello può essere anche in plastica o ferro, se per chi lo realizza lo è, o se utilizza delle tecniche come la fusione a cera persa e che è una tecnica rinascimentale usata da Benvenuto Cellini, adottata ancora oggi nel fatto a mano.

Quindi al master si insegna a usare tantissimi materiali diversi e si insegnano anche le tecniche tradizionali.

Ma per lei cos’è un gioiello?

Una sola definizione non si può dare, esistono diversi tipi di gioiello.

C’è il gioiello di design, disegnato da un artista. E ancora diverso il gioiello di moda. Non è detto che sia un pezzo unico, perché sono gioielli anche quelli realizzati in azienda in centinaia di pezzi tutti uguali. 

Poi sì, c’è il gioiello d’artista, il pezzo unico realizzato da un artigiano-artista: quella è una scultura indossabile. Ecco, una cosa posso dire dei gioielli: sicuramente deve essere un oggetto indossabile, di qualsiasi materiale ma indossabile

Quindi non esiste una definizione di gioiello, ma molte. Certo ci sono dei principi che non si possono chiaramente tralasciare, come il fatto che deve essere un prodotto che si può indossare.

Quali e quanti attori vengono coinvolti nel processo di realizzazione di un gioiello?

Da una parte c’è il mondo dei laboratori degli artigiani orafi e dall’altra c’è il mondo delle aziende.

I primi lavorano da soli nella propria bottega. L’artigiano disegna l’oggetto e, partendo dal disegno, lo realizza usando tutte le varie tecniche. Poi, sempre da sé, immette il prodotto finito sul mercato.

Diverso è il mondo dell’azienda, in cui partecipano alla produzione del gioiello diversi comparti: c’è chi lo pensa, chi lo disegna (su carta o in digitale) e dopo la fase creativa c’è la parte di sviluppo del prodotto e quindi della creazione dell’oggetto che può essere divisa tra più attori, fino ad arrivare al reparto vendite e promozione.

VIVIORO si propone di far riscoprire il valore dell’oro, a partire dalle nuove generazioni. Qual è secondo lei il rapporto tra i giovani e l’oro oggi e quali approcci si potrebbero adottare per avvicinarli maggiormente al suo valore?

Una confederazione di tante aziende sotto un marchio come quello di VIVIORO è qualcosa di importante, diverso dal contesto di un brand classico.

I giovani oggi guardano più alla forma e all’estetica, a quello che suscita in loro l’oggetto. Non importa che sia in oro o pietre preziose. 

Quello che i brand e VIVIORO dovrebbero fare è guardarsi intorno, guardare il mercato e osservare cosa comprano le nuove generazioni, i motivi per cui comprano un oggetto e non un altro.

E in particolare fare attenzione alla rete di promozione e a tutto il mondo digitale dei social, che i giovani usano per informarsi e per comprare.

Per maggiori informazioni sul Master in Storia, Design e Marketing del Gioiello scarica il flyer informativo qui sotto oppure visita il sito http://www.labor.unisi.it/ e la pagina Facebook di riferimento.

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